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CONSUMO SOSTENIBILE

E IO PAGO – Bollettino d’informazione

SPECIALE  Covid-19 e Consumatori Sostenibili

 “Puglia InFormAlimentazione2” – Intervento n. 1 Informo Assisto Tutelo – Programma Generale di Intervento  della Regione Puglia realizzato con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico – Ripartizione 2018”

 EDITORIALE

Polidream Assoutenti, da sempre impegnata a tutelare il diritto alla salute dei consumatori (ex art. 2 del Codice del Consumo e art. 1 L.R. Puglia 12/06), interviene sul tema della pandemia Covid-19, avviando tre campagne informative, con l’obiettivo di avvicinare sempre più il consumatore alla sostenibilità, così da allontanare definitivamente il rischio di future pandemie:

–  Covid-19 e Consumo sostenibile

–  Covid-19 e Economia Circolare

–  Covid-19 e Mobilità Sostenibile

 Il mondo è stato “messo in ginocchio” dalla crisi del coronavirus: da che animale il coronavirus sia saltato all’uomo ancora non è chiaro, né se il salto sia davvero avvenuto al mercato di Wuhan. In Cina l’indignazione popolare verso chi mangia specie esotiche, cani e gatti, serpenti, tartarughe, rane , insetti, ecc., ecc., possibili serbatoi del patogeno, è ai massimi livelli, e le autorità stanno cogliendo l’occasione per dare alle bancarelle e alle tavole del Paese una bella ripulita. Decisione questa che dovrebbe confluire a breve in una legge. 

Ma l’emergenza coronavirus costringe tutte le Nazioni europee e internazionali a rivedere i propri consumi alimentari e non.

In molte zone del mondo, compresa l’Italia, il coronavirus si è sviluppato soprattutto nelle zone dove sono presenti i maggiori allevamenti intensivi e gli impianti di lavorazione della carne; non solo, nelle stesse aree geografiche si rileva un altissimo tasso di inquinamento, causato dall’eccessivo utilizzo di combustibili fossili, dai mezzi di trasporto legati alla stessa produzione e distribuzione degli alimenti e di tanti altri prodotti.

Anche questo virus sarà sconfitto, ma bisogna fare in modo che non ne nascano altri, a causa dei nostri cattivi stili di vita, che danneggiano il più delle volte l’ambiente fino a farlo reagire a scapito della salute umana.

Anche le precedenti epidemie (mucca pazza, aviaria e SARS) erano nate dal consumo di carni prima di bovini, poi di polli e infine di suini. L’esagerato consumo di carne, gli allevamenti intensivi, il mancato rispetto dei diritti elementari degli animali sono alla base di tutte le ultime pandemie, e quindi il primo cambiamento da operare è quello di rispettare ogni tipo di vita esistente sul pianeta.

Diversi studi negli ultimi anni hanno individuato proprio nel cibo e in un cambiamento delle politiche alimentari il punto da cui ripartire per far fronte a un’emergenza ambientale che non può più essere ignorata.

Le direttive previste dagli accordi internazionali dovrebbero porre al centro la tutela della biodiversità e la valorizzazioni delle culture locali, favorendo la produzione alimentare su piccola scala, al fine di preservare l’integrità degli ecosistemi.

Negli ultimi anni si continua a parlare sempre di più della necessità di una svolta sostenibile e di un radicale ripensamento degli attuali stili di vita delle popolazioni dei paesi industrializzati, nell’ottica di una redistribuzione delle ricchezze su scala mondiale e sopratutto della salvaguardia dell’ambiente, vista l’emergenza climatica che interessa l’intero globo.

L’obiettivo di noi consumatori è di portare le nazioni e le aziende a prendere parte al cambiamento, mosse dalle scelte dei nostri acquisti.

Dobbiamo adottare un nuova filosofia dei consumi. Il criterio che ci deve orientare è quello della sostenibilità; durante i nostri acquisti soffermiamoci sulla provenienza dei prodotti, a partire dagli alimenti, e sulle modalità di produzione e di distribuzione.

Dietro qualsiasi prodotto che acquistiamo c’è un’azienda che produce in modo sostenibile oppure sfrutta le risorse naturali in modo selvaggio: scegliamo l’azienda che è attenta a tutelare l’ambiente, noi consumatori, i diritti dei lavoratori e degli animali.

Occorre acquistare e utilizzare prodotti e servizi etico-sostenibili, poichè a loro volta danno inizio alla cosiddetta economia circolare, creando così un percorso virtuoso che porta beneficio all’intera umanità e al pianeta.

La prima cosa da fare è leggere le etichette, non solo quelle degli alimenti, ma anche quelle dell’abbigliamento, dei cellulari, degli elettrodomestici e di ogni tipo di merce; acquistare prodotti a km zero, così da non impattare sul traffico e sull’inquinamento atmosferico; modificare le proprie abitudini di spostamento tese alla mobilità privata, indirizzandole a nuove forme di mobilità sostenibile, car sharing in primis.

Non siamo più in un’epoca di cambiamenti, ma nel cambiamento di un’epoca, e in questo cambiamento tutti possiamo e dobbiamo prenderne parte.

Dobbiamo comprendere che l’uomo è solo un ospite del pianeta, non il padrone.

La crescita culturale, ambientale, sociale ed economica del proprio Paese è legata alla responsabilità civica di ognuno di noi, e pertanto Polidream Assoutenti chiede non solo ai consumatori ma anche alle istituzioni, alle aziende e ai produttori di avviare tavoli di concertazione e di approfondimenti monotematici sul consumo per tutelare insieme la salute e l’ambiente dell’intera collettività.

                                                                                                   LA PRESIDENTE

                                                                                                 Angela Mannarini

 

SPECIALE  Consumo sostenibile

I consumi e la pandemia

La pandemia da coronavirus sta avendo ripercussioni sulla vita di tutti; sta sconvolgendo abitudini, modi di vivere ma apre anche una riflessione su come ripensare il nostro stile di vita,  i nostri consumi, le nostre città. Superata questa crisi avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio quali azioni adottare per sostenere il cambiamento ?

Quest’ultima pandemia deve spingerci a ripensare il rapporto tra uomo, consumi e ambiente; è l’occasione per realizzare un’analisi attenta delle diverse criticità determinate da alcuni modelli di produzione e di consumo.  Le emissioni di gas serra durante il lockdown sono calate notevolmente, ma dopo la crisi le emissioni torneranno a crescere se non si cambia il modo di produrre, di acquistare e di consumare.

Quando acquistiamo, difficilmente riflettiamo sul fatto che prodotti e oggetti arrivano in grandi quantità da diverse parti del mondo. Il consumo nel mondo è cresciuto ad un ritmo doppio di quello della popolazione. Dal 1970 al 2017 la popolazione mondiale è aumentata di 2 volte: da 3,7 miliardi a 7,5 miliardi. Dal 1970 al 2017 il consumo mondiale è aumentato di ben quattro volte: da 26,6 a 109 Gt.

Negli ultimi anni si continua a parlare sempre di più della necessità di una svolta sostenibile e un radicale ripensamento degli attuali stili di vita delle popolazioni dei paesi industrializzati, nell’ottica di una redistribuzione delle ricchezze su scala mondiale e sopratutto della salvaguardia dell’ambiente.

E’ proprio dai consumi che bisogna ripartire per far fronte a un’emergenza ambientale e politica che non può più essere ignorata.

Dovremmo porre al centro la tutela della biodiversità e la valorizzazioni delle culture locali, favorendo la produzione su piccola scala, al fine di preservare l’integrità degli ecosistemi, poiché andremmo a ridurre notevolmente l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali del pianeta.

Insomma proiettiamoci nel nostro futuro, tornando in buona parte nel passato “sostenibile”.

Stile di vita: Aumenta il consumo sostenibile

Il 5°report Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di Life Gate, pubblicato il 31/01/2020 su un campione di 800 italiani ci mostra che il 67% è coinvolto nei confronti della sostenibilità, per la maggior parte le donne dai 35 ai 54 anni professionalmente attive, diplomate o laureate.

Tra le abitudini sostenibili degli italiani abbiamo la raccolta differenziata (il 92%), l’utilizzo di elettrodomestici a basso consumo (77%), utilizzo limitato di bottiglie in plastica (40%), il consumo di cibo biologico (34%), l’utilizzo – quando necessario – di piatti e posate biodegradabili il (34%), infine il 17% utilizza capi di abbigliamento sostenibile e il 16% prodotti di cosmesi naturale.

Le motivazioni principali che spingono i consumatori a fare acquisti sostenibili sono la responsabilità verso le generazioni future, l’amore per l’ambiente, ma anche cercare di stare bene con se stessi in modo sano e naturale.

Nel nostro comportamento di tutti i giorni qualcosa sta davvero cambiando?

Questi ultimi dati certamente ci confortano, ma la strada del consumo sostenibile da percorrere è ancora tanta.

Un’obiezione comune riguardo l’acquisto sostenibile è il costo alto, che non tutti sono disposti a sostenere.

Ci sono tuttavia alternative economiche che stanno crescendo e che ci permettono di  ottenere comunque prodotti di qualità sostenibile.

Buone pratiche green

Ma vediamo le buone pratiche green che noi consumatori dobbiamo adottare per rendere più sostenibili i nostri consumi:

 

– Sempre più persone scelgono un’alimentazione Plant-Based food, scegliamola anche noi.

  Un nuovo approccio alimentare consapevole, sostenibile e olistico, che pone le fondamenta sull’eco-sostenibilità e sulla tutela della biodiversità.

  Alla base dell’alimentazione plant-based vi è il rifiuto di qualsiasi alimento lavorato industrialmente e la volontà di recupero di tradizioni culinarie fortemente radicate sui territori.

L’alimentazione plant-based food,  un trend in crescita, nasce in risposta ad una crisi ambientale, culturale e sociale senza precedenti, con un focus sulla sostenibilità e uno sfruttamento delle risorse nel rispetto dei naturali bioritmi.

Il criterio che orienta la scelta è più improntato sulla provenienza degli alimenti e sulle modalità di produzione, in primis le diete plant-based prevedono l’eliminazione di ingredienti lavorati a livello industriale, compresi farine e zuccheri raffinati.

La prima cosa da sapere è che la filosofia alimentare plant-based non è categorica sull’abolizione del consumo di carne come il vegetarianismo o il veganismo, nonostante la stragrande maggioranza delle persone che adotta questo stile di vita decida di eliminare i derivati animali dalla propria alimentazione.

Infatti la vendita dei prodotti vegetali è in aumento: oggi i consumatori sono più informati sull’origine della carne e degli aspetti negativi che nascono dal suo consumo, in termini di salute umana, animale e ambientale.

Complice la paura suscitata dal Covid-19, i consumatori si stanno orientando verso i sostituti vegetali della carne molto più in fretta di quanto non avvenisse prima della pandemia.  

In confronto al mercato della carne, quello dei sostituti vegetali è ancora piccolo, ma  abbastanza per attirare nel paese grandi produttori globali di “carne” vegetale come Impossible Foods e Beyond Meat, mentre Starbucks e Kentucky Fried Chicken hanno di recente annunciato il lancio di loro prodotti vegetali, anche attraverso le consegne a domicilio. Non a caso Deliveroo, App di food delivery, che permette di ricevere a casa cibo take-away dai migliori ristoranti della città, ha raddoppiato le ordinazioni di prodotti vegani rispetto ad altri alimenti, rimasti abbastanza stabili.

Secondo i distributori specializzati, come Green Monday, i prezzi sono ormai del tutto competitivi con quelli della carne.

Qualcosa sta davvero cambiando anche in Asia: la sensibilità dei cinesi è profondamente mutata. Ora si chiedono da dove provenga la carne e sono sempre meno inclini a consumare quella dei mega allevamenti, ma anche dagli animali selvatici, un tempo molto apprezzati.

L’Asia, infatti, può contare su produzioni di materie prime attive da decenni per realizzare il tofu e gli altri derivati della soia, e su un’altrettanto efficiente rete di distribuzione e vendita. Il risultato è che negli ultimi due mesi le vendite online sono raddoppiate, con un prodotto leader di mercato, la finta carne di maiale chiamata Omnipork. Il prodotto viene usato per accompagnare gnocchi, noodles e riso, seguita da diversi prodotti come i Beyond Burgers, le crocchette e le bevande vegetali e da quelli della californiana JUST, che realizza “uova senza uova” partendo dai fagioli di soia verdi, le cui vendite sono cresciute del 30%.

Ma anche le vendite di altri  prodotti tradizionali sono in crescita. Alla fine del mese di aprile KFC inizierà ad offrire i primi piatti a base di finto pollo fritto vegano in tre ristoranti, grazie anche al supporto del colosso americano Cargill, mentre Starbucks includerà nei menu i prodotti di Beyond Meat e ha già riaperto quasi tutti i negozi chiusi per il lockdown. Esiste poi anche un competitor locale, chiamato Zhenmeat, finora presente solo a Pechino in 50 ristoranti, ma che si sta per espandere a Shenzen e Shangai.

 

– Posate, piatti, bicchieri di plastica, cannucce, ecc. : oggetti della nostra quotidianità che non dobbiamo più acquistare e utilizzare nelle nostre case e nei posti che frequentiamo.

Acquistiamo Borracce in alluminio, caraffe filtranti, acqua in cartone: così riduciamo la plastica. La riduzione di bottigliette di plastica è stato uno dei piccoli cambiamenti che la lotta ambientale ha portato nella nostra vita. Alcune aziende italiane, pronte a questo cambiamento  hanno iniziato a realizzare bottiglie in alluminio, unendo la sostenibilità al design.

Anche le caraffe filtranti stanno vivendo il loro periodo d’oro, sono brocche che filtrano l’acqua corrente e evitano quelle pesanti casse d’acqua, che generano una montagna di rifiuti e pesano sul portafoglio. 

Un’altra novità ancora poco diffusa in Italia sono le confezioni di acqua in cartone riciclabile. 

 

  • Acquistiamo lampadine led ed elettrodomestici a basso consumo, energia rinnovabile;

 

  • Acquistiamo abbigliamento naturale e sostenibile: l’abbigliamento è uno dei settori industriali più inquinanti al mondo per gli impatti ambientali che produce nell’approvvigionamento delle materie prime, dai processi produttivi, per il consumo di acqua e per lo smaltimento dei rifiuti, rappresentati dagli stessi abiti a fine vita. In termini di emissioni di gas serra, l’industria dell’abbigliamento e delle calzature rappresenta l’8% delle emissioni complessive. E i numeri stanno crescendo, visto che si produce una quantità sempre maggiore di abbigliamento: se nel 2000 un abitante del pianeta consumava circa 8 chilogrammi di fibre tessili l’anno, nel 2015 si è passati a 13.

E i bambini non fanno eccezione. Anzi, nei primi anni di vita consumano grandi quantità di abiti, che vengono buttati via quasi sempre ancora nuovi.

Una soluzione in ottica di sharing economy, basata sulla condivisione, e che sviluppa economia circolare – è stata studiata in Danimarca, dove una piccola azienda ha ideato un servizio di abbonamento per le linee di abbigliamento per bambini e mamme in attesa. In pratica i clienti ricevono capi di abbigliamento che possono poi scambiare con taglie più grandi appena la pancia – o il bambino – cresce. I capi a quel punto – riconfezionati – sono pronti per andare a un nuovo cliente. E se un abito da neonato viene usato in media una decina di volte, questi lo sono fino a 150.

Non inseguiamo più  il fenomeno del fast -fashion (moda veloce), cioè l’abbigliamento prodotto dall’industria del settore che produce collezioni ispirate all’alta moda e messo in vendita a prezzi contenuti, perché di breve durata, e quindi da rinnovare in tempi brevissimi. Il fast -fashion produce tonnellate di rifiuti (molti capi invenduti vengono bruciati), consuma una quantità spropositata di acqua, utilizza coloranti nocivi, molti dei lavoratori sono sottopagati. Il Regno Unito è la nazione con maggior consumo di nuovi indumenti 26,7 Kg a persona), in Italia 14 Kg.

Acquistare un capo nuovo per pochi euro è per molti sinonimo di affare, ma non certo per la salute del nostro pianeta, e di conseguenza della nostra, visto che lo abitiamo.

Per fortuna vi sono altri fenomeni che stanno crescendo, concorrenziali al fast –fashion: il boom dell’usato, delle riparazioni e del fashion renting.

Negli ultimi anni avrete notato nelle vostre città fiorire negozi e sul web e-commerce, gruppi Facebook e app che propongono l’acquisto di abbigliamento usato a partire da pochi euro. Pezzi unici, stile personalizzato e costi contenuti. Solo in USA il mercato della seconda mano nel 2018 valeva 24 miliardi di dollari contro 35 miliardi del fast –fashion . Nel 2028 la situazione è destinata a capovolgersi con un valore di 64 miliardi del primo, contro 44 miliardi del fast – fashion.

Un esempio tutto italiano di compravendita dell’usato è la piattaforma Depop, che somiglia un po’ a Instagram e un po’ a eBay. Gli utenti hanno delle pagine di profilo che funzionano come vetrine digitali, dove postano foto, descrizione e prezzo delle cose che vogliono vendere. Si possono seguire i venditori preferiti, vedere i loro prodotti in un feed e usare gli hashtag per fare le ricerche.

Un’altra alternativa è il noleggio di abiti (fashion renting), un mercato da oltre 1 miliardo di dollari nel 2018, che si aspetta salire a quasi 3 miliardi entro il 2027. Alcune startup italiane offrono questo servizio a prezzi contenuti, soprattutto rispetto alle spese che si affrontano solitamente per le cerimonie.

Oppure per capi di qualità che si sono rovinati, ci sono brand  che riparano o riciclano capi , borse, ecc.

Interessante anche F-abric, il tessuto di Freitag 100% biodegradabile e riciclabile

È considerata una fibra modello, ricavata da fibre vegetali liberiane: rispetto alla coltivazione del cotone si risparmiano 650mila metri cubi di acqua e 300 tonnellate di prodotti fitosanitari, perché ha bisogno solo dell’acqua piovana e non richiede l’uso di pesticidi, secondo quanto riportato da un rapporto della Commissione europea e da una valutazione del ciclo di vita (Lca) di una camicia di lino condotta da Bio intelligence service, ente specializzato nella ricerca in campo ambientale. L’energia utilizzata per la produzione della fibra è dal 4 al 10 per cento di quella che sarebbe necessaria per la produzione di quelle sintetiche, secondo uno studio dalla confederazione europea del lino e della canapa (Celc). Inoltre, le piantagioni assorbono 250mila tonnellate di CO2 ogni anno.

Che dire poi degli abiti in lino-canapa, un tessuto fine, leggero, elegante e confortevole, bello alla vista e al tatto, si percepisce immediatamente che è prodotto con filati di elevata qualità e materie prime di assoluto pregio.

Nella fase di coltivazione, il nostro lino non utilizza acqua né prodotti chimici nocivi e, nel contempo, produce ossigeno e contribuisce alla diminuzione di anidride carbonica, una delle principali cause del riscaldamento globale. Sono pochi, nel mondo, i prodotti che possono fregiarsi di queste caratteristiche nobili.

Offre il miglior compromesso tra freschezza e capacità di mantenere un calore costante.

Offre il più elevato grado di assorbimento dell’acqua e dell’umidità combinato con il più elevato grado di traspirazione e ventilazione (permeabilità all’aria e al vapore).

È ipoallergenico e garantisce un’ottima tolleranza anche alle pelli più sensibili.

Facilita il relax e il sonno grazie alla sua capacità di mantenere il corpo a temperatura costante.

Il lino durante la sua produzione garantisce risparmio energetico portando a una riduzione annua del 15 per cento dell’energia elettrica consumata, del 10 per cento delle acque di processo utilizzate, del 15 per cento del metano necessario per la produzione. Il lino è dunque il miglior testimone che sostenibilità e bellezza insieme sono i valori vincenti per i prodotti di qualità.

 

Turismo sostenibile: diventiamo viaggiatori green

Molte persone oggi scelgono di fare vacanze sostenibili, anche se costa di più.

IN VACANZA PER questi consumatori/viaggiatori È IMPORTANTE conoscere le peculiarità enogastronomiche locali; essere in contatto con la natura; avere servizi di mobilità alternativa; soggiornare in strutture costruite e gestite con criteri sostenibili.

 

Curiosità sul riciclo sostenibile

 

La seconda vita dei pneumatici fuori uso

Nell’economia lineare – quella del Produci/Consuma/Getta via – il destino dei vecchi pneumatici usati è quello di finire nelle discariche, dispersi in ambiente e – nella migliore delle ipotesi – negli inceneritori. Nell’economia circolare,  dove l’obiettivo è non avere più rifiuti ma risorse, gli stessi pneumatici dismessi diventano strade, materiali per edilizia, superfici per impianti sportivi e pavimentazioni per le aree gioco: un esempio concreto di circolarità. In Italia sono più di 1.400.000 tonnellate i Pneumatici Fuori Uso recuperati dal 2011, equivalenti in peso a 10 navi da crociera, in grado se messi in fila di coprire 2 volte la circonferenza terrestre. Una volta recuperati vengono macinati meccanicamente, ottenendone un granulato di gomma e polverini con cui si producono pannelli e prodotti isolanti per l’edilizia grazie alle loro caratteristiche di elasticità, resistenza termica e di fonoassorbenza. Oppure tappetini e materassini in grado di assorbire le vibrazioni nei punti degli edifici più sollecitati.

Non solo: grazie all’alta resistenza alle deformazioni e all’ottimo assorbimento degli urti, i granuli di gomma riciclata si possono usare per realizzare pavimentazioni per impianti sportivi, anche esterne visto che resistono efficacemente a muffe e batteri, alle escursioni termiche e agli agenti atmosferici.

L’ultima opzione è di utilizzare il granulato per realizzare l’asfalto delle strade che risulta più resistente nel tempo e in grado di ridurre l’inquinamento acustico dovuto al passaggio dei veicoli.

Così ti riciclo il pannolino

900.000 tonnellate di pannolini ogni anno finiscono in discarica o inceneriti in Italia. 8,5 milioni in Europa e fino a 30 milioni di tonnellate nel mondo. Rifiuti che invece contengono una gran quantità di materie prime e seconde recuperabili in un’ottica di economia circolare. Grazie a una tecnologia innovativa made in italy, ora disponibile su scala industriale, da 1 tonnellata di pannolini e prodotti assorbenti si ricavano 300 chilogrammi di materiale secco che, una volta trattato, viene trasformato in 150 kg di cellulosa, 75 kg di plastica e 75 kg di polimero super assorbente.

Da scarto a carta….e non solo

Invece di finire in discarica o essere utilizzati nei mangimi degli animali, gli scarti di lavorazione di agrumi, mais, olive, lavanda, ciliegia, caffè, kiwi, mandorle, fagioli possono essere utilizzati per produrre carta. L’idea è di una cartiera storica italiana che vari anni fa ha pensato di utilizzare le alghe in esubero provenienti dalla laguna di Venezia al posto della cellulosa ricavata dagli alberi. Un esempio di economia circolare che vede il rifiuto trasformato in risorsa, valorizzandolo.

Sempre dagli scarti agroalimentari – in particolare da quelli della lavorazione degli agrumi, pari a 700 mila tonnellate annue, due ragazze siciliane sono riuscite a ottenere una fibra speciale con cui realizzare tessuti, profumati e in grado di resistere fino a 40 lavaggi. Una fibra che ha anche effetti benefici sulla pelle: grazie all’utilizzo delle nanotecnologie sono state inserite nelle fibre delle microcapsule con oli essenziali di agrumi e vitamina C a lento rilascio.

Creativo e circolare

Paglia, sfalci, fondi di caffè, bucce di pomodori e di patate anziché finire in pattumiera si trasformano in un materiale biodegradabile e compostabile, leggero e flessibile, da usare nel design, architettura e packaging. Il lavoro lo fanno alcuni tipi di funghi che si cibano di questi scarti agricoli e alimentari,  e con un po’ di tempo, in un ambiente controllato, a temperatura ambiente, restituiscono un biomateriale simile al polistirene espanso. Da usare per gli isolamenti termo-acustici, oppure per realizzare pavimenti o altri tipi di pannelli e strutture, mentre nel design e nei complementi di arredo sostituisce la plastica, la gomma e i pellami. Nel packaging poi può essere usato al posto del polistirolo negli imballaggi, realizzando così un esempio concreto di circolarità.

Da rifiuti a risorse, la distanza si accorcia

Ogni anno nel nostro pianeta si producono più di 1 miliardo e 300 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, dei quali solo un terzo si ricicla. Il resto finisce in discarica o viene bruciato. Un consorzio olandese ha messo a punto una tecnologia innovativa in grado di utilizzare almeno parte di questi rifiuti solidi urbani per produrre biocombustibili liquidi e prodotti chimici biobased. Un impianto del genere è già attivo in Canada: è in grado di convertire rifiuti solidi in metanolo, etanolo e altri intermedi chimici.

Anche i fanghi risultanti dalla depurazione delle acque nere sono oggetto di grande attenzione per ricavarne bioplastiche o – come già accade – biometano da usare come combustibile per le automobili.

Feste e rifiuti: l’esperienza di Ecofesta

Sagre, concerti ed eventi culturali portano ad una grossa produzione di rifiuti in un tempo limitato, poiché richiamano grosse concentrazioni di persone in uno stesso luogo. Ecofesta è una certificazione volontaria per il riciclo dei rifiuti durante gli eventi: propone stoviglie biodegradabili, raccolta differenziata dei rifiuti organici che poi vengono trasformati in compost, monitorata da personale appositamente formato, infopoint verdi e distribuzione di ecogadget. Inoltre, al termine di ogni evento Ecofesta pianta alberi o acquista certificati verdi per ottenere una riduzione delle emissioni di Co2 prodotte (6773,51 kg quella risparmiata nel 2015). In tre anni Ecofesta ha ridotto l’impatto ambientale di oltre 100 eventi in 50 diversi comuni, con una raccolta differenziata in sagre, concerti ed altre manifestazioni culturali che ha toccato una media percentuale del 72% con picchi fino al 97%, riciclando oltre 15 tonnellate di rifiuti

 

AZIENDE E SOSTENIBILITA’

In questo contesto di grande impegno e nuove sfide a cui tutti possiamo e dobbiamo prendere parte, come si stanno impegnando concretamente le piccole e grandi aziende?

Davanti a consumatori più consapevoli, si stanno muovendo piano piano anche piccole e grandi aziende in direzione della sostenibilità. Facciamo una premessa, per un’azienda scegliere la strada della sostenibilità a seconda del tipo di business e dalla grandezza, può non essere semplice e presupporre inizialmente un grande investimento e impatto, che va poi a ripagarsi nel tempo. Il piano europeo sul clima di Ursula Von der Lyen prevede per questo azioni, fondi e incentivi proprio per aiutare le aziende nella direzione della sostenibilità. Tuttavia ciò non significa stare fermi e aspettare, ma ci sono delle direzioni, approcci e contributi, che le aziende stanno già prendendo o possono iniziare a percorrere.

Ma quando UN’AZIENDA È SOSTENIBILE?

Se usa responsabilmente le risorse, se è attenta ai lavoratori, se controlla la filiera, se dà informazioni trasparenti ai clienti, se dà assistenza continuativa ai clienti, se non delocalizza l’attività all’estero, quando comunica in modo autentico e trasparente con la propria clientela,   contribuendo attivamente alla causa del consumo sostenibile.

Nella comunicazione l’Azienda non solo deve presentare il prodotto mettendo in primo piano l’impegno per l’ambiente, ma deve coinvolgere e invitare il consumatore a essere parte attiva del cambiamento e a fare un percorso insieme al brand.   

Per l’azienda la ricerca della sostenibilità è anche un potente strumento di competitività a livello nazionale e internazionale.

Quando l’azienda fa orecchio da mercante….

I consumatori possono cambiare le imprese, e lo possono fare davanti allo scaffale.

Un grande esempio è la battaglia sull’olio di palma, portata avanti dalla nostra associazione, insieme ad altri organismi ambientalisti, con forme di boicottaggio nei confronti di molte aziende che lo utilizzavano nei loro prodotti: vittoria ottenuta, con l’interruzione del suo utilizzo da parte della quasi totalità delle aziende.

 

Tu da che parte stai?

Vi sono consumatori e aziende che ritengono non collegati la propria produzione e i propri consumi allo stato di salute umana e alla grave crisi climatica, e altri consumatori e aziende che hanno già iniziato a consumare e a produrre in modo sostenibile, credendo nel motto “Meglio prevenire che curare”.

 

 

 

POLIDREAM: A SCUOLA MENU’ VEG

L’anno scolastico è partito non solo col programma didattico, ma anche con il servizio di refezione scolastica.

La Polidream Assoutenti, attenta a migliorare la qualità della vita dei piccoli consumatori, è impegnata ad analizzare i menù di diversi istituti scolastici, che ancora vedono la presenza di dosi in eccesso di proteine animali. Diversi i medici di elevata preparazione scientifica, come Umberto Veronesi, che da tempo incentivano al consumo maggiore di dosi di frutta e verdura, legumi, cereali e farine integrali.

Non a caso anche il Piano Nazionale della Prevenzione e le Linee di Indirizzo nazionale per la Ristorazione Scolastica del Ministero della salute sconsigliano l’abuso di proteine e grassi animali, che nell’alimentazione dei bambini predispongono al rischio di obesità, malattie cardiovascolari, artrite reumatoide, ecc.

A Polignano a Mare, a seguito dell’incontro con la Commissione mensa, la Polidream ha avanzato delle proposte integrative al menù della mensa scolastica degli Istituti Comprensivi “C.D. San Giovanni Bosco” e  l’Istituto Comprensivo “Sarnelli – De Donato – Rodari” presentato dall’azienda Ferrara S.r.l., pur apprezzandone l’impianto generale, al fine di migliorarne l’aspetto salutistico, oltre a soddisfare pienamente le esigenze dell’utenza.

Premesso che la scrivente associazione ha il compito di monitorare gli standards di qualità legati al servizio mensa scolastica, erogato dalla Ditta Ferrara s.r.l., così come richiamato nel Capitolato Speciale di Appalto anno 2015/2018 all’Art. 19, nel rispetto della Legge n. 244/2007 – Art. 2 , comma 461, dopo aver esaminato il menù, ha ritenuto opportuno proporre di inserire i seguenti alimenti di origine vegetalealternandoli ai secondi previsti :

burger di verdura, cotolette di soia, affettati a base di cereali e legumi, frittata o hummus di ceci, fettine di seitan, tofu impanato, ricotta vegetale, wurstel di farro.

Tali alimenti sono validi sostituti della carne, altamente proteici, ricchi di vitamine, con Omega 3, Omega 6 e grassi polinsaturi.

La Ditta Ferrara, nella persona di Francesco Ferrara, si è resa disponibile ad inserire nel menù questi nuovi prodotti, infatti ha interessato la Dietista Dott.ssa Antonella Di Mauro ad interagire con un nutrizionista della Polidream per definire insieme alcuni aspetti legati alla preparazione di tali alimenti.

Ma ovviamente si attende l’approvazione anche del Dirigente Medico del S.I.S.P. di Monopoli.

Molti sono ormai i Comuni italiani, fra cui Milano, Genova, Pavia, Bologna, Novara, che hanno  aperto la mensa scolastica con un menù veg. Sarebbe bello ritrovare nell’elenco anche il Comune di Polignano a Mare, insieme a tanti altri Comuni d’Italia.

“IO CONSUMO SANO E SOSTENIBILE” – Programma Generale d’Intervento 2016 della Regione Puglia “Informo Assisto Tutelo Iat”, realizzato con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico

“Io Consumo Sano e Sostenibile”:

Polidream propone l’indicazione dei pesticidi in etichetta

Difendiamo la nostra salute, il nostro ambiente e l’economia della nostra Regione acquistando a Km zero: questo è l’appello che la Polidream Assoutenti rivolge ai consumatori.

Oggi sono diversi  i consumatori che si avvicinano alla spesa a Km zero, ma ancora tantissimi sono coloro che fanno la spesa nei grandi supermercati.

La Campagna informativa “Io Consumo Sano e Sostenibile” punta a promuovere sempre di più la spesa a Km zero, poiché i prodotti presenti nella grande distribuzione non sempre garantiscono qualità e sicurezza: ad esempio i prodotti dell’orto-frutta imbustati spesso provengono da Paesi esteri che hanno normative meno restrittive sull’utilizzo dei pesticidi, ma anche i prodotti a Km zero potrebbero nascondere delle sorprese.

Per questo la Polidream lancia una petizione rivolta ai nostri parlamentari europei, con l’obiettivo di giungere ad ottenere una norma che obblighi le aziende agro-alimentari, che si affacciano sui nostri mercati, ad inserire in etichetta il tipo di pesticida utilizzato e la sua quantità.

La Regione Puglia sostiene le iniziative tese al raggiungimento di un consumo sostenibile, per questo chiediamo alla stessa di abbracciare questa battaglia, impegnandosi a legiferare a livello regionale, per ottenere l’ingresso in etichetta della presenza o meno di pesticidi dei prodotti a  Km zero.

Tale proposta è nata durante gli incontri informativi e di studio degli operatori di sportello, aventi come obiettivo sviluppare iniziative capillari sul territorio per educare il consumatore ad un nuovo modo di consumare.

È possibile firmare la petizione presso i nostri Sportelli, direttamente sul nostro sito www.polidream.org ,  e in diverse piazze comunali.

In questa iniziativa ci viene in aiuto un rapporto dei relatori speciali dell’Onu per il diritto al cibo, Hilal Elver, e per le sostanze tossiche, Baskut Tuncak, presentato al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite: i pesticidi causano 200.000 morti all’anno nel mondo per avvelenamento acuto. Nel rapporto emerge la richiesta di un nuovo trattato internazionale per regolare ed eliminare progressivamente l’uso di pesticidi pericolosi in agricoltura, muovendosi verso pratiche agricole sostenibili.

 Presso gli sportelli “Salvaspesa” della Polidream sono disponibili brochure informative sugli acquisti sostenibili; qui di seguito alcuni consigli:

– acquistare prodotti possibilmente a Km zero;

– scegliere i prodotti in funzione dell’impatto ambientale;

– acquistare prodotti senza olio di palma e con farine poco raffinate;

– educarsi ad un’alimentazione vegetariana/vegana

– acquistare prodotti che sono strettamente necessari, non farsi attrarre dai prezzi scontati;

non sottoscrivere contratti di telefonia, idrici, energia, assicurativi, bancari, ecc., senza averli prima letti con attenzione, eviterai così tariffe esose e Aziende/Società poco amiche dell’ambiente.

Questi e altri consigli, ma anche news, tra curiosità, cronaca e novità anche sui siti www.polidream.orgwww.istitutopuglieseconsumo.it

 Campagna di informazione “Io consumo sano e sostenibile” – Programma Generale di Intervento 2016 della Regione Puglia “informo, Assisto, Tutelo IAT”, realizzato con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico

 

LA TUA SPESA TI PREOCCUPA?

LO SPORTELLO DEL CONSUMATORE “SALVASPESA” TI AIUTA!

 Campagna di informazione “Io consumo sano e sostenibile” – Programma Generale di Intervento 2016 della Regione Puglia “informo, Assisto, Tutelo IAT”, realizzato con l’utilizzo dei fondi del Ministero delle Attività Produttive

Attualmente il mercato mette a disposizione del consumatore una crescente vastità di prodotti, la cui composizione spesso mette a rischio la salute dell’uomo e dell’ambiente.

Diventa importante ed urgente educarsi ad un consumo sano e sostenibile; la scelta dei prodotti o dei servizi deve avvenire non solo in base al prezzo.

 Prima di acquistare il consumatore deve porsi sempre la domanda: “Ciò che sto per scegliere tutela la mia salute e l’ambiente? Garantisce il rispetto dei diritti di tutti  gli esseri viventi coinvolti?

Con la campagna informativa “Io Consumo Sano e Sostenibile” la Polidream Assoutenti intende sviluppare la cultura della consapevolezza e della responsabilità individuale del consumatore, per giungere a fare acquisti sani e sostenibili.

I consigli per gli acquisti sostenibili:

– acquistare prodotti possibilmente a Km zero;

– scegliere i prodotti in funzione dell’impatto ambientale;

– acquistare prodotti senza olio di palma e con farine poco raffinate;

– educarsi ad un’alimentazione vegetariana/vegana

– acquistare prodotti che sono strettamente necessari, non farsi attrarre dai prezzi scontati;

non sottoscrivere contratti di telefonia, idrici, energia, assicurativi, bancari, ecc., senza averli prima letti con attenzione, eviterai così tariffe esose e Aziende/Società poco amiche dell’ambiente.

Questi e altri consigli, ma anche news, tra curiosità, cronaca e novità sui siti www.polidream.org;  www.istitutopuglieseconsumo.it

 

Polidream lancia la petizione: 50% di energia rinnovabile in bolletta

La Campagna informativa “Io Consumo sano e sostenibile” della Polidream Assoutenti si affaccia anche nel campo energetico.

Attualmente sul mercato tantissime sono le Aziende operanti nel settore energetico, che producono ancora una bassa percentuale di energia da fonti rinnovabili, mettendo così a rischio la salute dell’uomo e dell’ambiente. 

Diventa importante ed urgente educarsi ad un consumo sano e sostenibile anche in questo settore.

“Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni.” (Rapporto Brundtland, 1987)

La scelta dell’Azienda  deve avvenire non solo in base al prezzo.

Il consumatore prima di sottoscrivere un contratto deve porsi sempre la domanda: “l’Azienda che sto per scegliere utilizza fonti rinnovabili? E in che percentuale?  

Grazie al Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 31 luglio 2009, l’utente ritrova   tali indicazioni nella bolletta; ma molti sono ancora gli utenti che non sanno bene interpretare tali dati. Pertanto  la Polidream invita i consumatori a portare presso i propri sportelli le proprie bollette per ricevere una consulenza gratuita.

Nello stesso tempo la Polidream intende migliorare tale Decreto, poiché lo stesso pur obbligando le aziende del settore energetico ad inserire nel contratto e in bolletta il tipo di fonte energetica, non le invita a produrre energia rinnovabile in percentuale maggiore rispetto alle altre fonti inquinanti, ovvero carbone, gas, petrolio e nucleare.

L’energia da fonte rinnovabile prodotta da acqua, sole, vento e terra è una soluzione alternativa e concreta al consumo di energia da fonte fossile: si tratta di fonti inesauribili, proprio perché hanno la caratteristica di rinnovarsi continuamente, non emettendo CO2, e quindi di non produrre effetti negativi sull’ambiente, non provocando modifiche al clima, né tantomeno variazioni alla temperatura globale della Terra.

Per questo la Polidream lancia una petizione rivolta ai nostri parlamentari europei e alle Regioni, che ha come obiettivo introdurre nel Decreto l’obbligatorietà per le Aziende di  avere un minimo di 50% di fonti rinnovabili.

 Tale proposta nasce durante l’incontro informativo e di studio degli operatori di sportello del 29 Aprile scorso, avente come obiettivo sviluppare iniziative capillari sul territorio per educare il consumatore ad un nuovo modo di consumare.

 È possibile firmare la petizione presso gli Sportelli “Salvaspesa”, direttamente sul sito www.polidream.org  e in diverse piazze comunali.

 Programma Regionale “informo, Assisto, Tutelo IAT”, realizzato con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello  Sviluppo Economico

POLIDREAM ASSOUTENTI: SI’ AI RIFIUTI ECOSOSTENIBILI

La Polidream Assoutenti, grazie alla Campagna di informazione “Io Consumo sano e Sostenibile”, realizzata con i fondi del Ministero Sviluppo Economico, nell’ambito del Programma Generale d’Intervento della Regione Puglia “informo, Assisto, Tutelo IAT”, rende i cittadini finalmente protagonisti del mercato.

La campagna “Io Consumo sano e Sostenibile” non solo sensibilizza i cittadini sulla necessità di acquistare prodotti sostenibili, con meno imballaggi, e comunque ad acquistare meno per ridurre lo spreco alimentare, ma li fa partecipare a tavoli di confronto con le aziende del territorio, che hanno espresso la volontà di ascoltare le loro esigenze.

Infatti la Polidream Assoutenti, che si occupa del monitoraggio dei servizi pubblici, attraverso una norma amica dei consumatori-utenti che dà voce a chi i servizi li utilizza e li paga, legge Finanziaria 2008 – N. 244/2007 Art. 2 comma 461, recepita dal Comune di Polignano a Mare nei settori dello smaltimento rifiuti e della mensa scolastica, ha realizzato un primo incontro presso la propria sede interregionale, che ha visto interfacciarsi numerosi cittadini con la Teknoservice, l’Azienda che si occupa dello smaltimento rifiuti.
L’incontro non solo ha evidenziato talune lacune del servizio, che sono state ben accolte dall’Azienda, pronta a soddisfare l’esigenza di ognuno, ma ha informato sulla necessità di consumare in modo sostenibile, mettendo in evidenza il connubio che c’è tra l’acquisto di un prodotto e il danno che si arreca all’ambiente.
Ogni cittadino in Italia, neonati compresi, produce circa 1,5 Kg. di rifiuti al giorno: troppi, provenienti dagli acquisti.

I consigli scaturiti:
scegliere i prodotti in funzione dell’impatto ambientale;
acquistare prodotti con meno imballaggi o con imballaggi riutilizzabili;
prediligere i prodotti locali;
non acquistare prodotti che non sono strettamente necessari, solo perché sono scontati, dato che si rischia di buttarli perché scaduti.

Educarsi ad un consumo sano e sostenibile vuol dire in questo caso cercare di ridurre al massimo i rifiuti che si producono nel quotidiano, e lo si può fare avendo un occhio più attento a ciò che si acquista.

La Polidream Assoutenti attraverso i suoi sportelli su www.polidream.org è pronta ad accogliere ogni tipo di segnalazione da parte dei cittadini sui singoli servizi pubblici locali, per il raggiungimento di servizi erogati ecosostenibili.

SPECIALE  Mobilità Sostenibile

CORONAVIRUS: l’inquinamento ha aperto la strada alla diffusione dell’infezione.

Questo è quanto è emerso dai diversi studi, portati avanti dai ricercatori della Aarhus University e dal Dipartimento di medicine dell’Università di Siena, che hanno messo a confronto i dati della Protezione Civile Italiana sulla mortalità, i dati medici legati alle condizioni di salute o malattie respiratorie, e infine dati presi dall’Agenzia europea dell’Ambiente, che osserva le concentrazioni di PM10, NO2 e altri valori.

Non a caso la Pianura Padana (Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna) è tra le aree geografiche più colpite dal virus, essendo essa stessa una zona a livelli altissimi di inquinamento, addirittura ben più della zona di Wuhan in Cina.

L’elevato numero di morti registrato in queste aree è sicuramente legato al fatto che tale popolazione ha una prolungata esposizione all’inquinamento, pertanto una maggiore predisposizione a sviluppare condizioni e patologie respiratorie croniche che, con l’arrivo del Covid-19, possono portare più facilmente alla morte, dato che tali decessi sono per lo più causati da gravissime polmoniti.

Le stesse ricerche hanno fatto emergere anche la correlazione che c’è tra il Covid-19 e la Sars-Cov2. Quest’ultima pandemia sviluppatasi anni fa tra il 2002 e 2004, ha registrato un alto tasso di letalità sempre in Lombardia ed Emilia Romagna. 

Ma l’inquinamento non ha necessità di essere assimilato alla pandemia per essere riconosciuto come problema. L’inquinamento rappresenta un grande fattore di rischio per l’insorgenza di malattie, determina un aggravamento delle condizioni patologiche preesistenti, indebolisce l’apparato respiratorio, impatta sullo sviluppo neuro comportamentale dei bambini ed è connesso all’insorgenza delle malattie cardiovascolari.

 Come dobbiamo affrontare il futuro? Come possiamo proteggerci dalla numerosa famiglia dei Coronavirus, in attesa di sconfiggere la causa della sua insorgenza?

Sarebbe opportuno impegnarsi una volta per tutte a ridurre l’inquinamento atmosferico; non basta prendere misure emergenziali poco efficaci o lamentarsi del problema, bisogna attuare una politica ragionata, continuativa e strategica, con un obiettivo concreto: “Green City”.

Dobbiamo mettere in crisi i passi compiuti prima della pandemia; non possiamo trascurare la crisi climatica, tornare al punto di partenza come se niente fosse accaduto. Durante la pandemia, il traffico in città è crollato e i benefici si sono colti subito: fauna e flora sono rinate.

Per evitare che a crisi finita si ritorni al traffico congestionato e inquinante delle nostre città si deve approfittare a rivedere il modello di mobilità urbana della nostra realtà territoriale, avanzando delle proposte/richieste ai nostri politici, dopo ovviamente aver deciso di cambiare stile di vita, ovvero dopo aver modificato le nostre stesse abitudini negli spostamenti.

Diventa utile e necessario adottare nuove buone  pratiche green per rendere più sostenibile la mobilità nelle città, per ridurre gli spostamenti non necessari, per ridurre l’uso dell’auto e per promuovere l’uso di mezzi più ecologici. Ma bisogna anche rivedere lo spazio urbano, perché deve assicurare prossimità delle residenze ai servizi, alle strutture lavorative e ricreative, così da ridurre gli spostamenti da una zona all’altra della città e i pendolarismi.  

 Purtroppo per molti di noi cittadini//utenti non è facile rinunciare alla propria “auto-nomia”.

Il modello di mobilità individuale che si è consolidato nel corso del secolo scorso e che è basato sull’uso del veicolo di proprietà è tuttora parte essenziale dello stile di vita dei paesi industriali  avanzati ed è estremamente radicato nei comportamenti degli individui. L’utilizzo di massa del proprio mezzo di trasporto, soprattutto automobili e soprattutto in ambito urbano, è la pietra angolare su cui poggia un sistema molto complesso che va oltre il settore dei trasporti e coinvolge il complessivo funzionamento delle società industriali avanzate. Per anni si è sottolineato l’aspetto culturale del possesso della propria auto come uno degli ostacoli da superare per proporre modelli di mobilità alternativi. L’auto come status symbol, l’auto come borsetta, l’auto come figlio prediletto…sono tutte incarnazioni di un modello sociale e culturale che va oltre l’utilità dell’auto come mezzo di trasporto. Questo modello considera l’auto come un bene la cui proprietà è imprescindibile perché parte insostituibile delle proprie abitudini di vita. È nota la distorsione cognitiva nel calcolo delle proprie convenienze di molti automobilisti: una volta acquistato il veicolo, i costi fissi legati al suo possesso (ammortamento, tasse sul possesso, premio RCA, etc.) non sono percepiti come quelli variabili legati al costo del carburante o dei pedaggi. Mentre i primi sono a prescindere, quando si tratta di valutare diverse alternative di viaggio entrano in gioco solo i secondi, spiazzando completamente ogni valutazione razionale. È così che, insieme ai provvedimenti per limitare e disincentivare l’uso del mezzo individuale, il cuore di tutte le politiche di mobilità sostenibile è rappresentato, da sempre, dall’obiettivo di modificare i comportamenti delle persone e indurli a un consumo di mobilità più sostenibile.

 NUOVE FORME DI MOBILITA’ SOSTENIBILE E CONDIVISA

La mobilità sostenibile e condivisa a livello europeo e nazionale

Nonostante la difficoltà di molti a rinunciare agli spostamenti in piena autonomia, rinunciando all’auto privata, nel campo della mobilità si rileva comunque un cambiamento: si sta affermando in tutto il mondo un nuovo modo di muoversi, maggiormente basato sull’accesso ai servizi invece che sull’uso di un veicolo di proprietà. La tecnologia oggi lo facilita, l’ambiente ne ha bisogno, un numero crescente di persone vuole spostarsi liberamente, in città e fuori, anche senza possedere un veicolo. E’ in aumento la quota di famiglie senza auto o con una sola auto, mentre è in significativa riduzione la quota di famiglie con 3 o più auto. Questo dato è dovuto anche all’entità dei costi fissi annui di un’auto privata (tasse, assicurazioni, capitale necessario all’acquisto, spese accessorie quali, tra gli altri, il parcheggio), che aumentano progressivamente alla riduzione della percorrenza annua realizzata. E’ in questo contesto che si sono sviluppate varie forme di mobilità condivisa. Con il termine inglese “car sharing” si definisce la fruizione in sequenza di un unico veicolo da parte di una pluralità di utenti: un’unica auto nell’arco della giornata viene guidata da più persone, autonomamente ed in periodi diversi, per il tempo necessario a ciascuno a soddisfare le proprie esigenze di mobilità. Il potenziale competitivo del servizio risiede nell’originalità dell’offerta: si acquista l’uso del mezzo anziché il mezzo stesso, con benefici simili a quelli dell’auto privata in termini di flessibilità e comfort, ma a costi inferiori rispetto alla proprietà, che comporta un elevato livello di costi fissi da sostenere indipendentemente dall’uso effettivo che si fa dell’auto in termini di chilometri percorsi e tempo di utilizzo.

Dove e quando nasce il Car sharing

Il car sharing, inteso come forma organizzata di uso in comune dell’auto, ha cominciato a svilupparsi in Svizzera nel 1987, con due veicoli condivisi da circa trenta utenti. Il primo gestore di car sharing in Germania, secondo nel mondo dopo la Svizzera, è sorto a Berlino nel 1988. Successivamente altri Paesi europei hanno dato vita ad iniziative analoghe, con forte sviluppo anche in Belgio.

Il Programma Nazionale Car Sharing nasce in Italia tra il 1999 e il 2000 per volontà del Ministero dell’Ambiente nel quadro del Programma Stralcio di Tutela Ambientale. Il car sharing viene infatti identificato come uno dei fattori strategici dello sviluppo della mobilità sostenibile nelle aree urbane, anche in rispetto del Libro Bianco sui trasporti, che impone agli stati membri della UE di ridurre le emissioni di gas serra nel settore auto del 60% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990.

Il fenomeno della sharing mobility si è diffuso rapidamente anche in Italia e, in particolar modo a Milano, che è diventata la capitale del carsharing, con l’80% del business dell’auto condivisa. In questa città si è notevolmente ridotto il numero delle auto in circolazione e il livello delle polveri sottili è stato abbattuto del 38% in quattro anni. A livello nazionale il tasso di motorizzazione si è ridotto notevolmente nella fascia di età 18 – 45 passando dal 53% nel 2005 al 37% nel 2016, anche a causa della diffusione di varie forme di mobilità condivisa.

Il ruolo della Sharing mobility nelle politiche per la mobilità sostenibile

In alcuni contesti urbani in cui la quota modale del trasporto pubblico e degli spostamenti a piedi e in bicicletta è già molto alta, specie nel segmento degli spostamenti quotidiani e sistematici, la presenza di un’offerta ampia ed efficace di servizi di Sharing mobility consente di ridurre ulteriormente l’uso del proprio mezzo di trasporto e condurre progressivamente alla sua completa rinuncia o a un suo utilizzo progressivamente decrescente. Si stima che nei paesi Occidentali si compiano in media circa 3 spostamenti giornalieri, pari a 21 spostamenti settimanali pro capite. Quando una decina di questi spostamenti a settimana vengono effettuati senza ricorrere alla propria auto – perché ogni giorno si va e si torna dal lavoro con i mezzi pubblici, a piedi o in bicicletta – l’altra metà degli spostamenti possono essere effettuati con diverse modalità, in funzione del tipo di spostamento da compiere. La presenza di servizi di Sharing mobility, consentendo di utilizzare anche un mezzo individuale ma condiviso e non di proprietà, spinge a consolidare la consapevolezza che il proprio mezzo di trasporto rappresenti un’opzione tra le altre, spesso “il mezzo di trasporto di ultima istanza”. In questo modo si afferma negli utenti una cultura dell’integrazione modale o meglio ancora della co-modalità, ovvero l’utilizzo di più sistemi integrati tra loro, con un nuovo modo di ragionare che consiste nel valutare l’opzione più favorevole a prescindere dal mezzo di trasporto che si possiede o che magari non si possiede affatto.

Questo “comportamento green” ha delle ricadute determinanti nel campo della sostenibilità perché rappresenta la “conditio sine qua non” affinché gli individui riducano il proprio consumo di mobilità e preferiscano l’uso di sistemi di trasporto a minore impatto ambientale.

Le varie forme di mobilità condivisa

Carsharing

Il carsharing è un servizio che consente di noleggiare automobili per breve tempo senza bisogno di assistenza da parte di personale. Le automobili sono distribuite a rete all’interno di un’area di dimensioni variabili: la rete può avere un’estensione urbana, regionale o nazionale come per esempio accade con il servizio di Mobility in Svizzera. Di norma comunque è un servizio che viene utilizzato in ambito urbano. Ad oggi i sistemi di carsharing sono principalmente quattro:

Station based – I veicoli sono parcheggiati in apposite aree a formare una stazione e possono essere prelevati senza interazioni con il personale. L’utente iscritto al servizio prenota e noleggia il veicolo attraverso un portale informatico (App o sito web) per poi riconsegnarlo al termine dell’utilizzo. Il carsharing Station Based comprende due sottosistemi: il servizio round trip in cui la riconsegna del veicolo avviene nella medesima stazione del prelievo – che è il più frequente – e il servizio one-way, che permette anche di poter lasciare la vettura in una stazione diversa da quella di prelievo.

Free floating – I servizi free floating o a flusso libero si differenziano da quelli station based per il fatto che le automobili possono essere prelevate e depositate all’interno di un’area predefinita. Non sono previste stazioni, le auto sono dotate di GPS e vengono dunque localizzate dall’utente con un’App.

Peer-to-peer – Il carsharing peer-to-peer è un servizio di noleggio fra privati, che permette al proprietario di un veicolo di affittare il suo mezzo ad altri utenti. Normalmente, per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di veicoli, il noleggio di breve durata avviene tra privati che sono registrati nella stessa piattaforma di condivisione. La relazione fra proprietario e cliente è veicolata da un portale informatico (App o sito web) gestito da un operatore e le pratiche di affitto del veicolo e la copertura assicurativa, sono a cura dell’azienda operatrice. La data e il luogo di prelievo e di riconsegna del veicolo sono invece concordate tra privati. Per l’accesso ai veicoli esistono due varianti: alcuni sistemi prevedono uno scambio a mano delle chiavi del mezzo, altre installano un dispositivo in macchina che permette l’apertura da smartphone o con una carta elettronica o magnetica. Niente loghi, i grandi gruppi Car2go, Enjoy ed affini non c’entrano. E’ una questione tra utente e utente, peer-to-peer appunto: in questo caso è il proprietario a decidere il prezzo e la piattaforma si trattiene una percentuale (attualmente il 20%) a titolo di commissione.

Esistono anche Carsharing di nicchia o sistemi di carsharing a rete chiusa che servono specifiche comunità, come complessi residenziali, università o aziende.

Ridesharing/Carpooling – Il ridesharing è un servizio di mobilità basato sull’uso condiviso di veicoli privati tra due o più persone che devono percorrere uno stesso itinerario, o parte di esso. Il ridesharing non si configura come un attività di impresa e i passeggeri possono solo contribuire alle spese di trasporto sostenute dal proprietario/conducente del veicolo. Il principio base consiste dunque nell’aggiungere passeggeri ad un viaggio prestabilito.

In Italia il ridesharing di fatto coincide con il solo servizio di carpooling che è anche il nome più frequentemente utilizzato per designare questo tipo di servizio di mobilità condivisa.

Il carpooling a tutti gli effetti è un sistema di mobilità sempre esistito, basti pensare all’antica pratica informale dell’autostop. Esistono da tempo pool di automobilisti che si muovono sistematicamente tra località mettendo in condivisione, spesso a rotazione, i propri veicoli. Negli ultimi anni, attraverso l’uso delle piattaforme digitali, questi modelli di condivisione hanno trovato nuove possibilità organizzative. I servizi innovativi sono spesso identificati con il nome di Real-time o dynamic ridesharing proprio perché il servizio consiste nel fare incontrare in tempo reale con un’App dedicata, prima che il viaggio inizi, conducenti e passeggeri.

I diversi tipi di carpooling si differenziano in funzione dell’ambito in cui operano e del segmento di utilizzatori cui è indirizzato: • Carpooling urbano • Carpooling extraurbano o di media-lunga distanza • Carpooling aziendale dedicato agli spostamenti casa-lavoro.

Secondo l’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, il 38,5% degli italiani maggiorenni è fortemente interessato al carpooling o ne è già utente. Una percentuale che sfiora il 56% tra i più giovani. I motivi sono molteplici: si va dal risparmio ottenuto sul costo della benzina, a quello sui pedaggi autostradali e sulla manutenzione dell’auto, sino alla voglia di socializzare e conoscere persone, oltre, per un numero crescente di persone, anche all’idea di diminuire emissioni nocive nell’ambiente.

La piattaforma BlaBlaCar rivela che sono 2,5 miliardi gli utenti utilizzatori; in particolare, nella popolazione internet tra i 20 e i 34 anni, è il 17% degli italiani a far parte della community della piattaforma virtuale, mentre tra i 35 e i 44 anni la percentuale scende all’8%. Il carpooling è spesso usato anche dai lavoratori pendolari.

GENITORI, SCUOLA  E MOBILITA’ SOSTENIBILE

Mobilità sostenibile per andare a scuola  

L’auto il mezzo più usato negli spostamenti casa scuola, ma il 62% dei bambini vorrebbe muoversi in bicicletta.

Sia con il sole sia con il brutto tempo resta l’auto il mezzo preferito dai genitori per accompagnare i figli a scuola. Perché? Perché l’auto è più comoda (secondo i genitori) o perché mamma e papà “hanno fretta”, secondo i bambini. Il 62% degli alunni vorrebbe però arrivare a scuola con un mezzo diverso dall’auto, preferibilmente in bicicletta (64,7%).

Sono questi alcuni dei dati emersi dall’indagine che il Comune di Rimini sta conducendo nelle scuole per  fotografare le abitudini dei riminesi nel tragitto da casa a scuola: un sondaggio che ha coinvolto cinque scuole primarie che aderiscono al progetto “Rimini scuola sostenibile”, sviluppato per pianificare, organizzare e gestire un sistema di mobilità urbana più efficiente, sicuro e  soprattutto sostenibile.

Sono stati 1.148 i questionari consegnati dagli alunni e 943 quelli compilati dai genitori, ai quali sono state sottoposte una serie di domande, per avere un quadro delle attuali abitudini agli spostamenti, ma soprattutto capire quali sono i bisogni e le criticità, sia dal punto di vista dei genitori sia, soprattutto, entrando nell’ottica dei bambini.

Mobilità sicura, sostenibile e autonoma nei percorsi casa-scuola

Andare a scuola senza automobile e con gli amici non deve essere un’esperienza episodica, ma una prassi consolidata e un’occasione per migliorare la salute, la sicurezza, l’ambiente, la socialità, la propria scuola e il proprio quartiere.

Le motivazioni

Nel 1971 l’80% dei bambini andava a scuola a piedi o in bicicletta, mentre oggi oltre i 2/3 si

reca quotidianamente a scuola in automobile.

La scelta di utilizzare l’auto trae spesso origine dalla percezione di maggiore sicurezza e velocità o da una semplice scelta di comodità per l’adulto accompagnatore.

L’uso quotidiano dell’auto però genera numerosi problemi ai bambini, alla scuola e alla città:

– Meno movimento e salute: la mancanza di regolare attività fisica porta al sovrappeso che,

in età pediatrica, predispone al rischio di malattie cardiovascolari. Per es. a Reggio Emilia più

del 30% dei bambini tra i 6 e i 9 anni è sovrappeso oppure obeso.

– Meno socialità e autonomia: la scarsità di attività indipendente all’aria aperta limita le

opportunità di crescita autonoma dei bambini e le occasioni di socializzazione con i coetanei.

– Più congestione ed incidenti: se ogni mattina si accompagnano i bambini in auto, si contribuisce a creare caos davanti alle scuole e congestione nelle aree residenziali circostanti.

– Più inquinamento: chiudere i bambini in auto non li preserva dal respirare sostanze inquinanti. Quando usiamo l’auto sporchiamo l’aria che respiriamo, sia fuori sia dentro l’abitacolo, e aumentiamo il grado di pericolosità del traffico.

SCUOLA , FAMIGLIE  E COMUNE INSIEME PER UNA MOBILITA’  SOSTENIBILE

Tutte le azioni e i progetti orientati ad una mobilità casa-scuola sostenibile e sicura diventano pienamente concreti ed efficaci se esiste una relazione continuativa tra gli istituti scolatici, le famiglie, il Comune e tutti gli altri soggetti coinvolti. A tal fine diventa fondamentale identificare un insegnante che in ogni scuola funga da referente interno, il Mobility Manager Scolastico, che ha il compito di favorire e sviluppare una mobilità casa-scuola sostenibile e sicura, partecipando ad un coordinamento tra istituti scolastici e Comune, per condividere e monitorare obiettivi e progetti di mobilità sostenibile, diventando portavoce delle istanze e delle problematiche delle scuole e delle famiglie, favorendo così forme di trasporto sicure e sostenibili.

Le varie forme di mobilità scolastica sostenibile condivisa

 Il BiciBus e il PediBus

Che cosa sono

Il BiciBus è un gruppo di scolari che va e torna da scuola accompagnato in bicicletta da genitori volontari (nonni, insegnanti, …) lungo percorsi prestabiliti, messi in sicurezza, segnalati da scritte a terra facilmente individuabili da bambini e automobilisti.

Il PediBus funziona allo stesso modo, ma il gruppo si sposta a piedi. È una carovana di bambini, accompagnata da genitori volontari, che va a scuola insieme camminando lungo un percorso prestabilito, con il sole o con la pioggia.

 Come funzionano

Come quelli dei veri autobus, i percorsi BiciBus e PediBus prevedono capolinea e fermate intermedie, opportunamente indicate da cartelli che riportano gli orari di arrivo e partenza.

Ogni mattina i bambini si recano al capolinea o alle fermate e aspettano i volontari e il gruppo, per proseguire insieme verso la scuola. Nello stesso modo funziona l’accompagnamento al termine delle lezioni. A turno i genitori disponibili accompagnano il gruppo.

Per aumentare la sicurezza e la visibilità, agli studenti che aderiscono al progetto viene regalato un kit colorato – da indossare lungo il percorso – composto da casco/carrello porta zaino, pettorina/bande ad alta visibilità e mantella per la pioggia da indossare lungo il percorso.

BiciBus/PediBus e non solo …

Il BiciBus/PediBus è preceduto e affiancato da laboratori e approfondimenti tecnici per i bambini (teorici e pratici) di educazione alla mobilità sostenibile, alla sicurezza stradale e alla conoscenza della bicicletta.

Come attivare una prima sperimentazione di BiciBus/ PediBus (BB/PB) – Indicazioni pratiche di cosa fare passo passo.

  1. Sensibilizzazione e condivisione degli obiettivi

Condividere gli obiettivi e le modalità di realizzazione del BiciBus/PediBus (BB/PB) con Dirigente Scolastico, insegnanti e genitori. Concordare l’organizzazione di incontri/iniziative varie anche con esperti (pediatri, pedagogisti, tecnici, associazionismo, …) per sensibilizzare famiglie e colleghi sui temi della mobilità sostenibile e cominciare ad introdurre l’iniziativa BB/PB. Il Comune è a disposizione per contattare esperti e relatori;

  1. Indagine sugli spostamenti casa-scuola

Distribuire un questionario a tutte le famiglie per indagare le attuali modalità di spostamento casa-scuola. Insieme ai bambini può essere preparato un grafico di presentazione dei risultati da esporre a scuola. L’indagine andrà ripetuta dopo 2 o 3 anni di attività del BB/PB per verificare se ci sono stati dei cambiamenti.  Periodicamente il Comune effettua tale analisi in alcune scuole campione della città;

  1. Incontri preliminari con i genitori interessati

Organizzare incontri con i genitori interessati per identificare insieme gli itinerari più idonei e che possano coprire il maggior numero di bambini; stabilire le fermate e le tempistiche di avvio del progetto. Il Comune può fornire la cartografia aggiornata con la georeferenziazione anonima delle provenienze dei bambini della scuola, per l’individuazione dei principali bacini d’utenza della scuola e dei percorsi;

  1. Preparazione dei percorsi

Dotare le fermate dell’apposito cartello temporaneo; riservare alcune rastrelliere ai bambini partecipanti al Bici Bus; segnalare al Comune gli eventuali punti lungo i percorsi che richiedono una verifica. Il Comune verifica i percorsi individuati e, se necessario, interviene. Vengono fornite le rastrelliere mancanti.

  1. Volantino informativo e adesione

Predisporre il volantino informativo sul BB/PB della scuola, con i relativi contatti, e distribuirlo a tutti i genitori, insieme al Regolamento e al Modulo d’adesione, da sottoscrivere per presa visione delle regole e delle condizioni di funzionamento. I moduli compilati possono essere ritirati nel giro di qualche giorno o direttamente alla riunione organizzativa.

  1. Riunione organizzativa

Convocare un incontro informativo/organizzativo per i genitori dei bambini iscritti per rispondere ad eventuali dubbi e perplessità, nonché per organizzare attivamente l’avvio del BB/PB. A tale incontro è utile invitare tecnici comunali, genitori di altre scuole che hanno già sperimentato un BB/PB. Il Comune è a disposizione per contattare dei relatori.

  1. Turni di accompagnamento

È necessario redigere un piano settimanale di accompagnamento fissando, per ogni giorno della settimana, quali sono i genitori accompagnatori e quali hanno il ruolo di sostituto in caso di impossibilità. Agli accompagnatori viene distribuito il “Vademecum dell’accompagnatore”, con l’indicazione dei comportamenti da tenere lungo i percorsi.

 Il Car Pooling

Nel caso non sia possibile o non si voglia muoversi a piedi o in bicicletta, si può comunque dare un passaggio in automobile ad altre persone o bambini della scuola. Il termine inglese Car pooling significa auto di gruppo. Il Car pooling è un gruppo di persone che si mettono d’accordo per condividere un’automobile e percorrere insieme un tragitto simile. Questo sistema è molto efficace quando si percorrono itinerari ricorrenti e simili (i cosiddetti spostamenti ripetitivi di tipo pendolare), come per es. andare a scuola, andare al lavoro o al pomeriggio in palestra. I car pooler possono accordarsi per dividere le spese di carburante o fare a turno nell’utilizzo della macchina. Anche nel caso di scolari, questo sistema è molto efficace per favorire non solo il risparmio di carburante e di spazio, ma anche la socializzazione e la condivisione di tempo e risorse.

Un po’ di storia

Secondo una recente pubblicazione del Rideshare Research del MIT, la storia del carpooling è vecchia quasi quanto l’invenzione dell’automobile stessa. Il fenomeno del car pooling vide la luce poco dopo l’entrata sul mercato del modello T della Ford, la prima automobile concepita per le classi medie. Alla fine del 1914 in USA era in corso una crisi economica e nello stesso tempo le vie delle città americane erano inondate da queste nuove automobili economiche. A San Francisco gli automobilisti più intraprendenti cominciarono a offrire posti auto al prezzo di un biglietto del tram (a San Francisco indicato con il nome di jitney). In nove mesi questa moda si era diffusa fino alla costa orientale. Le violente reazioni delle compagnie di trasporto pubblico, che godevano dell’appoggio delle istituzioni locali e regionali, ha però bloccato il proliferare dell’idea. A ondate successive, in particolare in momenti di difficoltà economica, il car pooling ha avuto nuovo slancio anche nel resto del mondo. Grazie alle nuove tecnologie (internet, applicazioni mobili,…) oggi sono numerosi i car pooler anche in Italia.

Per realizzare un Car Pooling

Per favorire l’organizzazione autonoma delle famiglie in equipaggi di car pooling, si può predisporre una bacheca all’ingresso da scuola dove insegnanti e genitori possono offrire o cercare un passaggio.

Per rendere più visibili gli equipaggi formati e favorire la diffusione del progetto, si può consegnare ai car pooler una stampa a colori del segnale “Noi andiamo a scuola in carpooling” da esporre in macchina .

L’iniziativa può essere promossa nelle assemblee e tra le famiglie che abitano vicine fra loro.

 

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